Sei l'acuto angolo di un gomito l'incavo netto sulla tua guancia destra il profilo di mosaico bizantino, frulli dita affusolate mentre ridi d'argento e sei cattedrale di arcobaleni oltre un temporale estivo. Sfiori il mio fianco salutandomi l'affanno con schizzi vermigli di una tela spenta. Striscio come una serpe mi accomodo in te per distrarre l'allegria vestirmi del tuo odore divenire strazio, il più recondito dolore, la ruga nascosta nella piega di un ginocchio. Vorrei essere ferita che mai guarirà, una lieve screpolatura rossa di sangue rosso sulle tue labbra sottili e maliziose.