"Ho commesso il peggiore dei peccati che un uomo possa commettere: non sono stato felice." Jorge Luis Borges
1 Svanito il tempo delle cicogne
salpammo, spiegate le vele, dal porto della nostra innocenza. Era l''alba del primo giorno. All''orizzonte i fuochi fatui tessevano le trame del nostro domani. E fu l''entusiasmo la nostra stella polare.
Erano bambini nani quelli che affidammo alle certezze del mare e se talvolta un lamento d''uccello mi sfiora quell''ultimo sguardo che non volsi d''amore m''accora...
2 Credevo che la felicità abitasse nel castello incantato oltre le dune del mio sterminato deserto. In groppa all''ippogrifo, inferti tutti i colpi al cuore che credeva, scorrazzai in lungo e in largo per i tortuosi sentieri dell''anima, tentando di rubare alla conchiglia il suo segreto. Dai punti cardinali della mia solitudine, trassi i miei ansiti e li deposi sulla lettiga della fede; e come Cristo delle sue, m''innamorai delle mie infermità.
Ora che so che la felicità è un fiore di sesamo che cresce soltanto nei giardini d''oriente, ho gettato la spugna ai piedi dei miei quaranta ladroni e ho abbracciato, rinnovato, la contingenza della mia provvisorietà.
3 S''io non avessi patito una morte per troppo amore di voi... se invano non avessi atteso nelle sale d''aspetto della mia inesistenza e non avessi tracciato su impervi sentieri l''inconsistenza dei miei piedi piagàti... s''io non mi fossi rinchiuso nelle strette pareti del mio solipsismo e non avessi studiato teologia filosofia o non avessi sognato d''un mio Eldorado...,
quant''acqua, chissà, al mio mulino!
Giuseppe Gibilisco (1982) Poesia finalista al premio "Lerici-Pea 1983"